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Syria will be next NATO target – Syrian crucible, part 2
17 Saturday Sep 2011
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11 Sunday Sep 2011
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Prof. Michel Chossudovsky – Global Research (English)
Traduzione di Alessandro Lattanzio
Non è il risultato delle divisioni politiche interne, ma piuttosto la conseguenza di un piano deliberato dell’alleanza USA-NATO per innescare il caos sociale, screditare il governo siriano di Bashar al-Assad e infine destabilizzare la Siria come Stato Nazione. Dalla metà del marzo 2011, i gruppi armati islamici segretamente supportati da servizi segreti occidentali e israeliani, hanno condotto attacchi terroristici contro edifici governativi e appiccato incendi dolosi. Come ampiamente documentato, uomini armati e cecchini addestrati hanno preso di mira la polizia, le forze armate e civili disarmati. L’obiettivo di questa insurrezione armata è innescare la reazione della polizia e delle forze armate, compreso il dispiegamento di carri armati e mezzi blindati, al fine di giustificare un eventuale intervento “umanitario” militare della NATO, sotto il mandato della “responsabilità di proteggere“.
La natura del sistema politico siriano
Vi è certamente motivo di tensioni sociali e per la protesta di massa in Siria: la disoccupazione è aumentata negli ultimi anni, le condizioni sociali si sono deteriorate, soprattutto dopo l’approvazione, nel 2006, di radicali riforme economiche sotto la guida del FMI. Che poi hanno incluso misure di austerità, il congelamento dei salari, la deregolamentazione del sistema finanziario, la riforma del commercio e la privatizzazione.(Vedasi IMF Syrian Arab Republic — IMF Article IV Consultation Mission’s Concluding Statement, 2006).
Inoltre, vi sono gravi divisioni all’interno del governo e dei militari. Il quadro politico populista del partito Baath è stato in gran parte eroso. Una fazione all’interno dell’establishment politico al potere ha abbracciato l’agenda neoliberista. A sua volta, l’adozione del FMI come “medicina economica” è servito ad arricchire l’elite economica dominante. Le fazioni filo-USA si sonno radicate anche ai più alti gradi delle forze armate e dell’intelligence siriane. Ma il movimento “pro-democrazia” integrato dagli islamisti e sostenuto dalla NATO e dalla “comunità internazionale“, non proviene dal pilastro della società civile siriana.
Le proteste, in gran parte dominate dagli islamisti, rappresentano una frazione molto piccola dell’opinione pubblica siriana. Hanno una natura settaria. Lo fanno senza affrontare le questioni più ampie della disuguaglianza sociale, i diritti civili e la disoccupazione. La maggioranza della popolazione siriana (compresi gli oppositori al governo al-Assad) non supportano il “movimento di protesta“, che è caratterizzato dall’insurrezione armata. In realtà tutto il contrario. Ironia della sorte, nonostante la sua natura autoritaria, vi è un notevole sostegno popolare al governo del presidente Bashar al-Assad, cosa confermata dalle grandi manifestazioni filo-governative. La Siria costituisce l’unico (rimanente) stato indipendente laico nel mondo arabo. La sua base populista, anti-imperialista e laica è ereditata dal dominante partito Baath, che integra musulmani, cristiani e drusi. Sostiene la lotta del popolo palestinese.
L’obiettivo dell’alleanza USA-NATO è in ultima analisi di spostare e distruggere lo Stato laico siriano, eliminare o cooptare l’elite economica nazionale ed infine sostituire il governo siriano di Bashar al-Assad con un sceiccato arabo, una repubblica islamica pro-USA o che adotta una “democrazia” pro-Stati Uniti. Il ruolo dell’alleanza militare USA-NATO-Israele nello scatenare l’insurrezione armata, non viene indicato dai media occidentali. Inoltre, diverse “voci progressiste” hanno accettato il “consenso della NATO” quale valore nominale: “una protesta pacifica“, che viene “violentemente repressa dalla polizia e dalle forze armate siriane“.
L’insurrezione è integrata dai terroristi
Al-Jazeera, la stampa israeliana e libanese confermano che “i manifestanti” avevano bruciato il quartier generale del partito Baath e il tribunale di Daraa a metà marzo, mentre allo stesso tempo, sostengono che le manifestazioni fossero “pacifiche“. I terroristi hanno infiltrato il movimento di protesta civile. Simili azioni di incendi dolosi sono stati effettuati a fine luglio ad Hama. Edifici pubblici, tra cui il Palazzo di Giustizia e la Banca Agricola, sono stati dati alle fiamme. Questa insurrezione è diretta contro lo Stato laico. Il suo obiettivo ultimo è la destabilizzazione politica e il cambio di regime. Le squadre d’assalto di uomini armati sono coinvolte in atti terroristici diretti contro le forze e i civili siriani.
I civili che appoggiano il governo sono oggetto di minacce e intimidazioni. I civili filo-governativi sono anche oggetto di omicidi mirati da parte di uomini armati: “A Karak, un villaggio vicino Dara’a, i salafiti hanno costretto gli abitanti ad unirsi alle proteste anti-governative e a rimuovere le foto del Presidente Assad dalle loro case. Testimoni hanno riferito che un giovane musulmano che si era rifiutato di rimuovere una foto è stato trovato impiccato nel suo portico, la mattina successiva. La gente vuole uscire e chiedere pacificamente alcune riforme, ma i gruppi musulmani salafiti perseguono furtivamente il loro obiettivo, che non è quello di apportare modifiche per il miglioramento della Siria, ma conquistare il paese alla loro agenda.” (International Christian Concern (ICC), 4 maggio 2011)
Alla fine di luglio, i terroristi hanno attaccato un treno in viaggio tra Aleppo e Damasco: “Il treno trasportava 480 passeggeri… I terroristi hanno smantellato i binari causando l’incidente … Il locomotore è stato bruciato … le altre carrozze sono deragliate e si sono capovolte su un fianco …” (citato in Terrorists attacked a train traveling from Aleppo to Damascus – YouTube, Truth Syria) La maggior parte dei passeggeri del treno “erano bambini, donne e pazienti che erano in viaggio per sottoporsi a interventi chirurgici.” (Saboteurs Target a Train Traveling from Aleppo to Damascus, Driver Martyred – Local – jpnews-sy.com, 24 luglio 2011)
Il reclutamento dei Mujahidin: la NATO e la Turchia
Questa insurrezione in Siria ha caratteristiche simili a quelle della Libia: è integrata da brigate paramilitari affiliate ad al-Qaida. I recenti sviluppi indicano una vera e propria insurrezione armata, integrata da islamisti “combattenti per la libertà” sostenuti, addestrati ed equipaggiati dalla NATO e dal comando supremo della Turchia. Secondo fonti dell’intelligence israeliana: “Il quartier generale della NATO a Bruxelles e il comando supremo turco nel frattempo stanno elaborando piani per il loro primo passo militare in Siria, armare i ribelli con armi anticarro ed anti-elicotteri per contrastare il giro di vite del regime di Assad verso il dissenso. Invece di ripetere il modello libico degli attacchi aerei, gli strateghi della NATO stanno pensando più in termini di invio di grandi quantità di missili anticarro e antiaerei, mortai e mitragliatrici pesanti, nei centri di protesta, per controbattere ai blindati delle forze governative.” (DEBKAfile, NATO to give rebels anti-tank weapons, 14 agosto 2011)
Secondo fonti militari e di intelligence, la NATO, la Turchia e l’Arabia Saudita hanno discusso “la forma che questo intervento avrebbe preso“.
Il cambiamento della struttura del comando militare della Turchia
Alla fine di luglio, il comandante in capo dell’esercito e capo dello stato maggiore congiunto della Turchia, il generale Isik Kosaner, si è dimesso insieme ai comandanti della Marina e dell’Aeronautica. Il Generale Kosaner rappresentava una posizione ampiamente laica all’interno delle Forze Armate. Il Generale Necdet Ozel è stato nominato suo sostituto a comandante dell’esercito e capo capo dello stato maggiore congiunto. Questi sviluppi sono di importanza cruciale. Indicano un cambiamento nel comando militare della Turchia in favore dei Fratelli Musulmani, tra cui un supporto migliore all’insurrezione armata nel nord della Siria. Fonti militari confermano anche che i ribelli siriani “sono stati addestrati all’uso delle nuove armi da ufficiali militari turchi negli impianti di fortuna nelle basi turche, vicino al confine siriano.” (DEBKAfile, NATO to give rebels anti-tank weapons, 14 agosto 2011)
La consegna di armi ai ribelli è attuata “via terra, in particolare attraverso la Turchia e sotto la protezione dell’esercito turco …. In alternativa, le armi sarebbero trasportate in Siria sotto scorta militare turca e trasferiti ai leader della ribellione a rendez-vous pre-organizzati.” (Ibid)
Questi vari sviluppi puntano verso la possibilità di un coinvolgimento diretto delle truppe turche nel conflitto, che potrebbe potenzialmente portare ad un più ampio confronto militare tra Siria e Turchia, così come al coinvolgimento diretto delle truppe turche in territorio siriano. “Una guerra che coinvolgesse le truppe di terra turche, comporterebbe l’invio di truppe in Siria del Nord e il ritagliarsi una sacca militare da cui i ribelli siriani sarebbero assistiti con l’aiuto militare, logistico e medico“. (Assad may opt for war to escape Russian, Arab, European ultimatums, Debkafile, 31 agosto 2011).
Come nel caso della Libia, il sostegno finanziario è apportato alle forze ribelli siriani dall’Arabia Saudita. “Ankara e Riad forniranno ai movimenti anti-Assad grandi quantità di armi e fondi da contrabbando dall’esterno della Siria” (Ibid). Il dispiegamento di truppe saudite e del GCC è anche contemplato per il sud della Siria, in coordinamento con la Turchia (Ibid).
Il reclutamento di migliaia di jihadisti
La NATO e il comando supremo turco, contemplano anche lo sviluppo di una jihad diretta al reclutamento di migliaia di “combattenti per la libertà“, ricordando l’arruolamento di mujahideen nella jihad (guerra santa) pagata della CIA, nel periodo di massimo splendore della guerra in Afghanistan: “Si è anche discusso a Bruxelles e a Ankara, nostre fonti ci dicono, una campagna per arruolare migliaia di volontari musulmani in paesi del Medio Oriente e del mondo musulmano, per combattere a fianco dei ribelli siriani. L’esercito turco avrebbe ospitato questi volontari, il loro addestramento e un passaggio sicuro in Siria“. (Ibid)
Questo reclutamento di mujahidin per combattere le guerre umanitarie della NATO (tra cui Libia e Siria) è ben avviato. Circa 1500 jihadisti dell’Afghanistan, addestrati dalla CIA, furono inviati a combattere con i ribelli “pro-democrazia” sotto la guida dell’”ex” comandante del Gruppo combattente islamico in Libia (LIFG), Abdel Hakim Belhadj: “La maggior parte degli uomini sono stati reclutati dall’Afghanistan. Sono uzbeki, hazara e persiani. Secondo il filmato, questi uomini vestiti nello stile usbeco di Shalwar e hazara-uzbeko di Kurta, si trovano tra i combattimenti nelle città libiche.” (The Nation, Pakistan)
Il modello libico delle forze ribelli integrate dalla brigate islamiche e dalle forze speciali della NATO, dovrebbe essere applicato in Siria, dove i combattenti islamici, sostenuti dai servizi segreti occidentali e israeliani, sono già stati schierati.
L’attivazione di divisioni tra fazioni all’interno della società siriana
La Siria è uno Stato laico in cui musulmani e cristiani hanno un patrimonio comune fin dal periodo paleocristiano ed hanno convissuto per secoli. Il sostegno segreto viene incanalato ai combattenti jihadisti, che a loro volta sono responsabili di atti di violenza settari contro alawita, cristiani e drusi. Ai primi di maggio, come parte del “movimento di protesta” antigovernativo, uomini armati sono stati segnalati per aver attaccato case di cristiani a Daraa, nel sud della Siria:
“In un villaggio cristiano presso Dara’a, nel sud della Siria, testimoni oculari hanno riferito che venti uomini mascherati in moto, hanno aperto il fuoco su una casa cristiana, gridando insulti contro i cristiani per strada. Secondo un’altra fonte della ICC in Siria, le chiese hanno ricevuto lettere minatorie durante le vacanze di Pasqua, dicendogli o di unirsi ai manifestanti salafiti o di andarsene.” La scorsa settimana a Duma, un sobborgo di Damasco, i salafiti cantavano “alawiti nella tomba e cristiani a Beirut!” Secondo una fonte della ICC e Tayyar.org, una agenzia di stampa libanese. I cristiani in Siria sono preoccupati che l’agenda di molti estremisti islamici in Siria, tra cui i salafiti, sia di espellere i cristiani dal governo e cacciarli dal paese. “Se i musulmani salafiti ottengono influenza politica, faranno in modo che non ci sia più nessuna traccia di cristianesimo in Siria“, ha detto alla ICC un leader cristiano siriano. “Vogliamo migliorare la vita e i diritti in Siria sotto questo presidente, ma noi non vogliamo il terrorismo. I cristiani saranno i primi a pagare il prezzo del terrorismo. … Ciò che i cristiani chiedono è la consapevolezza che mentre i cambiamenti stanno avvenendo, non dovrebbe accadere per certe agende o certe persone, ma per il popolo della Siria, in modo pacifico e sotto il governo attuale“. Aidan Clay, Direttore Regionale della ICC in Medio Oriente, ha detto: “A differenza dell’Egitto, dove i cristiani hanno prevalentemente sostenuto la rivoluzione che ha rimosso il presidente Hosni Mubarak dal potere, i cristiani siriani vogliono la pace, mentre esigono una maggiore libertà con il governo attuale. I cristiani prevedono che solo caos e spargimento di sangue seguiranno, se le richieste dei salafiti saranno soddisfatte. Esortiamo il governo statunitense ad agire con saggezza e con attenzione, durante lo sviluppo di politiche che hanno profonde implicazioni politiche per le minoranze della Siria, e non sostengano indirettamente un punto d’appoggio che possa essere utilizzato dai salafiti per attuare la loro agenda radicale.” (Syrian Christians Threatened by Salafi Protestors, Persecution News, International Christian Concern (ICC), 4 maggio 2011)
Gli attacchi ai cristiani in Siria ricordano le uccisioni degli squadrone della morte contro i cristiani caldei in Iraq.
La formazione di un Consiglio di Salvezza Nazionale (CSN) sul modello del Consiglio transizione della Libia (CNT)
Un primo passo verso l’instaurazione di un governo provvisorio in esilio è stato previsto nella cosiddetta Conferenza di Salvezza Nazionale di Istanbul (16 luglio 2011), alla presenza di circa 300 siriani in esilio. Questo conferenza ha portato alla formazione di un Consiglio di Salvezza Nazionale (CSN), composto da 25 membri, sul modello del Consiglio di transizione della Libia.
“I presenti alla fine hanno concordato un’iniziativa che selezionerà 25 membri da più di 300 presenti a Istanbul e 50 dalla Siria, creando un consiglio di 75 membri per rappresentare la rivolta in corso. Il consiglio lavorerà anche verso la formazione di un governo di unità nazionale che possa guidare la Siria in un periodo transitorio, in caso di caduta del regime. In questo periodo transitorio, cercherà di amministrare una road-map che ristrutturi lo stato siriano da una dittatura, smantellando lo stato di polizia, a una democrazia rappresentativa. Tuttavia, i presenti hanno rifiutato l’idea di formare un governo ombra in questo momento….” (Syrian opposition conference in Istanbul and the formation of a joint council Syria Revolts, 18 luglio 2011)
Il CSN ha previsto la formazione di un “Gabinetto” di 11 membri, che potrebbe agire come governo de facto provvisorio in caso di “crollo del regime“. Il CSN è dominata dall’illegale Fratellanza musulmana siriana e dai liberali della comunità degli esuli siriani. (Syrian exiles vote for ‘transitional government’, Sidney Morning Herald, 19 luglio 2011)
Il ruolo centrale del generale David Petraeus: il nuovo capo della CIA del Presidente Obama
Recentemente nominato capo della CIA da Obama, David Petraeus che ha guidato il programma di “Countroinsurrezione” MNSTC a Baghdad, nel 2004, in coordinamento con l’ambasciatore John Negroponte, dovrebbe svolgere un ruolo chiave nell’intelligence in relazione alla Siria – tra cui il sostegno segreto alle forze di opposizione e ai “combattenti della libertà“, l’infiltrazione dei servizi segreti e delle forze armate siriani, ecc. I lavori saranno eseguiti in collaborazione con l’Ambasciatore Robert S. Ford. entrambi gli uomini hanno lavorato insieme in Iraq, dove facevano parte del grande team di Negroponte a Baghdad, nel 2004-2005.
Secondo i rapporti, il generale Petraeus si è recato in Turchia a metà luglio per incontrare i membri del Consiglio di Salvezza Nazionale. L’incontro organizzato dal ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu, ha avuto luogo subito dopo la Conferenza della Salvezza Nazionale (16-18 luglio 2011): “La fonte ha notato che Petraeous ha sottolineato il suo sostegno durante la riunione all’idea di creare un governo in esilio, un governo che sia guidato dai Fratelli Musulmani e dai loro alleati, e assistito da funzionari militari statunitensi...” (Vedasi The Syrian Opposition and the CIA – Another Evidence of Treason – YouTube).
Mentre la visita ufficiale della segretaria di Stato Hillary Clinton in Turchia, è coincisa con lo svolgimento della Conferenza di Salvezza Nazionale, non ci sono conferme che Clinton abbia incontrato i membri del CSN. Ufficialmente, Hillary Clinton ha incontrato i membri dell’opposizione siriana “per la prima volta” il 2 agosto. (Syria Opposition Meets With Clinton – WSJ.com, 3 agosto 2011).
Il ruolo dei media occidentali
I media occidentali hanno giocato un ruolo centrale nell’offuscare la natura delle interferenze straniere in Siria, incluso il supporto esterno agli insorti armati. In coro hanno descritto i recenti avvenimenti in Siria come un “movimento di protesta pacifica” rivolto contro il governo di Bashar al-Assad, quando le prove confermano ampiamente che i gruppi paramilitari islamici sono coinvolti in atti terroristici. Questi stessi gruppi islamici si sono infiltrati nelle manifestazioni di protesta. Le distorsioni dei media occidentali abbondano. Le grandi manifestazioni “filo-governative” (comprese le fotografie) sono casualmente presentato come “prova” di una movimento di protesta di massa contro il governo. I rapporti sulle vittime sono basate su “testimonianze oculari” non confermate o sulle fonti dell’opposizione siriana in esilio.
Sham News e il londinese Syria Observatory for Human Rights sono abbondantemente citati dai media occidentali come “fonti affidabili” con il solito disclaimer. Il notiziario di intelligence d’Israele, Debka, mentre evita la questione della rivolta armata, riconosce tacitamente che le forze siriane affrontano una organizzazione paramilitare: “[Le forze siriane] stanno ora affrontando una forte resistenza: In attesa di loro vi sono trappole anticarro e barriere fortificate presidiato da manifestanti armati di mitragliatrici pesanti.” (DEBKAfile).
Da quando dei pacifici manifestanti civili sono armati di “mitragliatrici pesanti” e “trappole anticarro“? Abbiamo a che fare con paramilitari addestrati. Sebbene Shaam News sia citata come fonte dei rapporti di Associated Press e delle foto, Sham News (SNN) non è una agenzia di stampa riconosciuta. SNN si descrive come “un gruppo di patriottici giovani attivisti siriani che chiedono libertà e dignità per il popolo siriano…” con pagine su Facebook e Twitter. (Vedasi Shaam News Network)
Una foto dell’Associated Press di un raduno di massa a Hama, reca il seguente avviso: “L’Associated Press non è in grado di verificare in modo indipendente l’autenticità, contenuto, luogo o data di questa foto. Foto: HO/Shaam News Network.”
Eppure queste stesse foto non confermate vengono usate abbondantemente nei media mainstream. L’assenza di dati verificabili, tuttavia, non ha impedito che i media occidentali di pubblicare “dati autorevoli” sul numero di vittime: “Oltre 1600 morti, 2000 feriti (al-Jazeera, 27 luglio) e quasi 3.000 sparizioni (CNN, 28 luglio).” Quali sono le fonti di questi dati? Chi è responsabile delle vittime? L’ambasciatore statunitense Robert S. Ford ha candidamente dichiarato, ad una audizione presso la commissione del Senato, che: “L’arma più pericolosa che ho visto era una fionda“. E con questo slogan della fionda, una bugia, è stato citato continuamente a sostegno del carattere non violento del movimento di protesta e nel fornire un “volto umanitario” all’ambasciatore Robert S. Ford che, non dimentichiamolo, fece parte del piano di Negroponte per istituire gli squadroni della morte in Iraq, sul modello di quelli di El Salvador e Honduras. La menzogna diventa la verità.
La responsabilità del governo siriano
Il governo siriano, i suoi militari e le sue forze di polizia, portano un fardello di responsabilità nel modo in cui hanno risposto alla rivolta causando morti tra i civili e la polizia. Ma questo problema, che è oggetto di una discussione aperta in Siria, non può essere significativamente affrontato senza analizzare come gli Stati Uniti e i loro alleati, hanno sostenuto e finanziato l’insurrezione islamista integrata da gruppi paramilitari e dagli squadroni della morte. La responsabilità primaria per le morti civili spetta a Washington, Bruxelles e Ankara, che hanno sostenuto la creazione e l’incursione di “combattenti per la libertà” islamici. Hanno anche facilitato il finanziamento e la consegna di armi agli insorti.
Dal momento che l’esistenza di una insurrezione armata (sostenuta da potenze straniere) non è riconosciuta dai governi della NATO e dai media, parimenti, queste morti vengono attribuite, senza ulteriori spiegazioni, esclusivamente alle forze del governo che “sparano sui civili indifesi” o alle forze governative che sparano ai disertori della polizia …
Bivio pericoloso: verso una guerra nel grande Medio Oriente – Asia centrale
L’escalation è parte integrante del programma militare. La destabilizzazione di Stati sovrani attraverso il “cambio di regime” è strettamente coordinata con la pianificazione militare. C’è una roadmap militare caratterizzata da una sequenza di teatri di guerra USA-NATO. I preparativi di guerra per attaccare la Siria e l’Iran sono in “uno stato avanzato di preparazione” da diversi anni. I pianificatori militari di Stati Uniti, NATO e Israele, hanno delineato i contorni di una campagna “umanitaria” militare, in cui la Turchia (la seconda più grande forza militare nella NATO), avrebbe giocato un ruolo centrale.
Nei recenti sviluppi, la Turchia ha lasciato intendere che Ankara sta prendendo in considerazione un’azione militare contro la Siria, se il governo al-Assad non cessa “immediatamente e senza condizioni” le sue azioni contro i “contestatori“. In una amara ironia, i combattenti islamici che operano in Siria, che stanno terrorizzando la popolazione civile, sono addestrati e finanziati dal governo turco di Erdogan. Queste minacce velate puntano verso il possibile coinvolgimento di truppe turche nel territorio siriano, che potrebbe evolvere verso un vero e proprio intervento “umanitario” militare della NATO.
Siamo ad un bivio pericoloso. Dove una operazione militare USA-NATO sta per essere lanciata contro la Siria, e che inghiottirebbe la grande regione del Medio Oriente e dell’Asia centrale, dal Nord Africa al Mediterraneo orientale e al confine di Afghanistan-Pakistan con la Cina, nel turbine di una guerra estesa regionale.
Ci sono attualmente quattro distinti teatri di guerra: Afghanistan-Pakistan, Iraq, Palestina e Libia. Un attacco alla Siria porterebbe alla integrazione di questi teatri di guerra separati, portando infine alla grande guerra del Medio Oriente-Asia Centrale. La strada per Teheran passa per Damasco. Una guerra USA-NATO promossa contro l’Iran comporterebbe, come primo passo, una campagna di destabilizzazione (“cambio di regime“), comprese operazioni segrete di intelligence a sostegno delle forze ribelli contrarie al governo siriano.
Una guerra contro la Siria potrebbe evolvere verso una campagna militare USA-NATO diretta contro l’Iran, in cui Turchia e Israele verrebbero direttamente coinvolte. Contribuirebbe anche alla destabilizzazione in corso del Libano.
E’ fondamentale diffondere le notizie e rompere i canali di disinformazione dei media. Una comprensione critica e imparziale di ciò che accade in Siria è di cruciale importanza, per invertire la marea dell’escalation militare verso una grande guerra regionale.
11 Sunday Sep 2011
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Traduzione di Alessandro Lattanzio
Questo saggio (seconda parte di una serie di tre articoli) si concentra sulla storia dell’”Opzione Salvador” del Pentagono in Iraq e la sua rilevanza per la Siria. Il programma è stato attuato sotto il mandato di John D. Negroponte, che fu ambasciatore degli USA in Iraq (giugno 2004-aprile 2005). L’attuale ambasciatore in Siria, Robert S. Ford, ha fatto parte del team di Negroponte a Baghdad nel 2004-2005.
Siria: Panoramica e Sviluppi recenti
I media occidentali hanno giocato un ruolo centrale nell’offuscare la natura delle interferenze straniere in Siria, incluso il supporto esterno agli insorti armati. In coro hanno descritto i recenti avvenimenti in Siria come un “movimento di protesta pacifico” rivolto contro il governo di Bashar Al Assad, quando le prove confermano ampiamente che gruppi paramilitari islamisti si sono infiltrati nelle manifestazioni.
Il notiziario d’intelligence d’Israele, Debka, evitando la questione della rivolta armata, riconosce tacitamente che le forze siriane stanno affrontando organizzazioni paramilitari: “[Le forze siriane] affrontano ora una forte resistenza: In attesa di esse vi sono trappole anti-carro e barriere fortificato presidiate da manifestanti armati di mitragliatrici pesanti.” DEBKAfile.
Da quando sono pacifici dei manifestanti civili armati di “mitragliatrici pesanti” e “trappole anti-carro“? I recenti sviluppi in Siria puntano a una vera e propria insurrezione armata, integrata da “combattenti per la libertà” islamisti sostenuti, addestrati ed equipaggiati dalla NATO e dal comando supremo della Turchia. Secondo fonti dell’intelligence israeliana: “Il quartier generale della NATO a Bruxelles e il comando supremo turco nel frattempo stanno elaborando piani per il loro primo passo militare in Siria, cioè armare i ribelli con armi per contrastare carri armati ed elicotteri utilizzati dal regime di Assad per reprimere l’opposizione. Invece di ripetere il modello libico degli attacchi aerei, gli strateghi della NATO stanno pensando a inviare grandi quantità di missili anti-carro e anti-aria, mortai e mitragliatrici pesanti nei centri protesta, per respingere di nuovo i blindati delle forze governative.” (DEBKAfile, NATO to give rebels anti-tank weapons, 14 agosto 2011). La consegna di armi ai ribelli è attuata “via terra, in particolare attraverso la Turchia e sotto la protezione dell’esercito turco… In alternativa, le armi sarebbero trasportate in Siria sotto sorveglianza militare turca e trasferiti ai leader ribelli nei rendez-vous pre-organizzati.” (Ibid)
Secondo fonti israeliane, che rimangono da verificare, la NATO e il comando supremo turco, contemplano anche lo sviluppo di un “jihad” diretto al reclutamento di migliaia di ”combattenti per la libertà” islamistii, che ricorda l’arruolamento di mujahidin per il jihad (guerra santa) pagato dalla CIA, nel periodo di massimo splendore della guerra in Afghanistan: “Sarebbe anche stato discusso, a Bruxelles e Ankara, dicono le nostre fonti, una campagna per arruolare migliaia di volontari musulmani nei paesi del Medio Oriente e del mondo musulmano, per combattere a fianco dei ribelli siriani. L’esercito turco avrebbe ospitato questi volontari, e curato il loro addestramento e il loro passaggio sicuro in Siria.” (Ibid)
Questi diversi punti portano verso il possibile coinvolgimento di truppe turche in territorio siriano, che potrebbe potenzialmente portare a un più ampio confronto militare tra Siria e Turchia, nonché a un vero e proprio intervento “umanitario” militare dalla NATO. Recentemente, gli squadroni della morte dei fondamentalisti islamici sono penetrati nel quartiere Ramleh della città portuale di Latakia, che comprende un campo profughi palestinese di circa 10.000 residenti. Questi uomini armati, che includevano cecchini sui tetti, stanno terrorizzando la popolazione locale.
In una distorsione cinica, i media occidentali hanno presentato i gruppi paramilitari islamisti a Latakia, come “dissidenti palestinesi” e “attivisti” che si difendono contro le forze armate siriane. A questo proposito, le azioni di bande armate dirette contro la comunità palestinese a Ramleh, cercano visibilmente di fomentare il conflitto politico tra la Palestina e la Siria. Diverse personalità palestinesi si sono schierate con il “movimento di protesta” in Siria, mentre casualmente ignorano il fatto che gli squadroni della morte “pro-democrazia” sono segretamente sostenuti da Israele e Turchia.
Il ministro degli esteri della Turchia, Ahmet Davutoglu, ha lasciato intendere che Ankara potrebbe prendere in considerazione un’azione militare contro la Siria, se il governo al-Assad non cessa “immediatamente e senza condizioni” le sue azioni contro i “contestatori”. Con amara ironia, i combattenti islamisti che operano all’interno della Siria, e che stanno terrorizzando la popolazione civile, sono addestrati e finanziati dal governo turco di Erdogan. Nel frattempo, i pianificatori militari di Stati Uniti, NATO e Israele hanno delineato i contorni di una campagna militare umanitaria, in cui la Turchia (la secondo più grande forza militare della NATO), giocherebbe un ruolo centrale.
Il 15 agosto, Teheran ha reagito alla crisi in Siria, affermando che “gli eventi in Siria dovrebbero essere considerate solo affari interni di quel paese, e ha accusato l’Occidente e i suoi alleati, del tentativo di destabilizzare la Siria, al fine di avere la scusa per la sua conseguente occupazione”. (Dichiarazione del Ministero degli Esteri iraniano, citato in Iran urges West to stay out of Syria’s ‘internal matters’ , Todayszaman.com, 15 agosto 2011)
Siamo ad un bivio pericoloso: “Se un’operazione militare sarà lanciata contro la Siria, nella grande regione del Medio Oriente e dell’Asia centrale, che si estende dal Nord Africa e dal Mediterraneo orientale al confine di Afghanistan-Pakistan con la Cina, verrebbe inghiottita nel turbine di una guerra prolungata. Una guerra contro la Siria potrebbe evolvere verso un campagna militare USA-NATO diretta contro l’Iran, in cui Turchia e Israele sarebbero direttamente coinvolti. E’ fondamentale diffondere la notizia e spezzare i canali di disinformazione dei media.” Una comprensione critica e imparziale di ciò che accade in Siria è di cruciale importanza per invertire la marea dell’escalation militare verso una grande guerra regionale.
Michel Chossudovsky, 16 agosto 2011
Background: l’ambasciatore statunitense Robert S. Ford arriva a Damasco (gennaio 2011)
L’ambasciatore statunitense Robert Ford è arrivato a Damasco alla fine di gennaio 2011, al culmine del movimento di protesta in Egitto. Il precedente a ambasciatore degli USA in Siria fu richiamato da Washington dopo l’assassinio, nel 2005, dell’ex primo ministro Rafik Hariri, di cui era stato accusato, senza prove, il governo di Bashar al-Assad. L’autore è stato a Damasco il 27 gennaio 2011, quando l’inviato di Washington ha presentato le sue credenziali al governo al Assad. (Vedi foto sotto).
All’inizio della mia visita in Siria, nel gennaio 2011, ho riflettuto sul significato di questo appuntamento diplomatico e il ruolo che potrebbe svolgere in un processo segreto di destabilizzazione politica. Non ho, tuttavia, previsto che questo processo sarebbe stato attuato in meno di due mesi dalla nomina di Robert S. Ford ad ambasciatore USA in Siria. Il ripristino di un ambasciatore statunitense a Damasco, ma più specificamente la scelta di Robert S. Ford come ambasciatore degli Stati Uniti, ha un rapporto diretto coll’inizio del movimento di protesta di metà marzo, contro il governo di Bashar al-Assad. Come “Numero Due“, presso l’ambasciata USA di Baghdad (2004-2005) sotto la guida dell’ambasciatore John D. Negroponte, ha giocato un ruolo chiave nell’attuazione dell’”Opzione Salvador in Iraq” del Pentagono. Quest’ultimo consisteva nel sostenere gli squadroni della morte iracheni e le forze paramilitari modellate sull’esperienza del Centro America.
I media occidentali hanno ingannato l’opinione pubblica sulla natura del movimento di protesta araba, omettendo di parlare del sostegno fornito dal Dipartimento di Stato USA e dalle fondazioni statunitensi (tra cui il National Endowment for Democracy (NED)) verso prescelti gruppi di opposizione pro-USA. Noto e documentato, il Dipartimento di Stato “ha finanziato gli oppositori del presidente siriano Bashar Assad dal 2006“. (US admits funding Syrian opposition – World – CBC News, 18 aprile 2011)
Il movimento di protesta in Siria è stato presentato dai media come parte della “primavera araba“, e presentato all’opinione pubblica come un movimento di protesta democratico che si diffonde spontaneamente dall’Egitto e Maghreb al Mashriq. Il nocciolo della questione è che queste iniziative nei vari paesi, sono strettamente cronometrate e coordinate. (Michel Chossudovsky, Il movimento di protesta in Egitto: “I dittatori” non dettano, ma obbediscono agli ordini, Global Research, 29 gennaio 2011)
C’è ragione di credere che gli eventi in Siria, tuttavia, siano stati pianificati con largo anticipo, in coordinamento con il processo di cambiamento di regime in altri paesi arabi, tra cui Egitto e Tunisia. Lo scoppio del movimento di protesta nella città al confine meridionale di Daraa, è stato accuratamente programmato per far seguito agli eventi in Tunisia ed Egitto. Vale la pena notare che l’ambasciata degli Stati Uniti in diversi Paesi, ha svolto un ruolo centrale nel sostenere i gruppi di opposizione. In Egitto, per esempio, il Movimento Giovanile 6 Aprile è stato sostenuto direttamente dall’ambasciata degli Stati Uniti a Cairo.
Chi è l’Ambasciatore Robert Stephen Ford?
Fin dal suo arrivo a Damasco, alla fine di gennaio 2011, l’ambasciatore Robert S. Ford ha svolto un ruolo centrale nel gettare le basi, così come stabilire contatti, con i gruppi di opposizione. Una ambasciata USA a Damasco operativa, era vista come una precondizione per lo svolgimento di un processo di destabilizzazione politica che porti al “cambio di regime“. L’ambasciatore Robert S. Ford non è un diplomatico qualsiasi. E’ stato rappresentante degli Stati Uniti nella città sciita di Najaf, in Iraq, nel gennaio 2004. Najaf era la roccaforte dell’esercito del Mahdi. Pochi mesi dopo è stato nominato “numero due” (Ministro Consigliere per gli Affari Politici), presso l’ambasciata USA a Baghdad, all’inizio del mandato di John Negroponte come ambasciatore in Iraq (giugno 2004 – aprile 2005). Ford successivamente ha lavorato sotto il successore di Negroponte, Zalmay Khalilzad, prima della sua nomina ad ambasciatore in Algeria nel 2006.
Il mandato di Negroponte come ambasciatore USA in Iraq (insieme a Robert S. Ford) era coordinare, dall’ambasciata degli Stati Uniti, il sostegno segreto agli squadroni della morte e ai gruppi paramilitari in Iraq, al fine di fomentare la violenza settaria e indebolire il movimento di resistenza. Robert Robert S. Ford come “Numero Due” (Ministro Consigliere per gli Affari Politici) presso l’Ambasciata degli Stati Uniti ha giocato un ruolo centrale in questa operazione. Per capire il mandato di Robert Ford, sia a Baghdad che poi a Damasco, è importante riflettere brevemente sulla storia delle operazioni segrete degli Stati Uniti e il ruolo centrale svoltovi da John D. Negroponte.
Negroponte e l’”Opzione Salvador“
John Negroponte aveva prestato servizio come ambasciatore USA in Honduras dal 1981 al 1985. Come ambasciatore a Tegucigalpa, ha giocato un ruolo fondamentale nel sostenere e supervisionare i mercenari Contras nicaraguensi che avevano sede in Honduras. Gli attacchi transfrontalieri dei Contra in Nicaragua avrebbero causato circa 50000 vittime civili. Nello stesso periodo, Negroponte è stato determinante nella creazione degli squadroni della morte militari honduregni, “operando con il sostegno di Washington, [essi] assassinarono centinaia di oppositori del regime appoggiato dagli USA.” (Vedasi Bill Vann, Bush Nominee linked to Latin American Terrorism, Global Research, novembre 2001)
“Sotto il dominio del generale Gustavo Alvarez Martinez, il governo militare dell’Honduras fu uno stretto alleato dell’amministrazione Reagan che fece “sparire “decine di oppositori politici nel modo classico degli squadroni della morte”. In una lettera del 1982 a The Economist, Negroponte scrisse che era “semplicemente falso affermare che le squadre della morte avessero fatto la loro comparsa in Honduras“. Il Country Report on Human Rights Practices che la sua ambasciata aveva inviato alla Commissione Esteri del Senato prese la stessa linea, insistendo sul fatto che non vi erano “prigionieri politici in Honduras” e che “il governo honduregno non giustifica, né permette consapevolmente omicidi di natura politica o non politica“. Eppure, secondo una serie di quattro articoli del Baltimore Sun nel 1995, nel 1982 solo la stampa honduregna coprì 318 storie di omicidi e rapimenti da parte dei militari honduregni. Il Sun ha descritto le attività di una unità segreto dell’esercito honduregno addestrata dalla CIA, il Battaglione 316, che usava “dispositivi di shock e soffocamento durante gli interrogatori. Prigionieri spesso venivano tenuti nudi e, quando non più utili, uccisi e sepolti in tombe senza nome.”
Il 27 agosto 1997, l’ispettore generale della CIA Frederick P. Hitz, aveva pubblicato un rapporto classificato di 211 pagine, dal titolo “Questioni specifiche relative alle attività della CIA in Honduras negli ’80.” Questo rapporto è stato parzialmente declassificato il 22 ottobre 1998, in risposta alle richieste del difensore civico dei diritti umani in Honduras. Gli oppositori di Negroponte chiedevano che tutti i senatori leggano il rapporto completo, prima di votare la sua nomina alla carica di rappresentante permanente degli Stati Uniti alle Nazioni Unite).” (Peter Roff e James Chapin, Face-off: Bush’s Foreign Policy Warriors, Global Research, Global Research novembre 2001).
John Negroponte – Robert S. Ford. L’”Opzione Salvador” in Iraq
Nel gennaio 2005, a seguito della nomina di Negroponte ad ambasciatore USA in Iraq, il Pentagono ha confermato, in una articolo trapelata al Newsweek, che “stava considerando la creazione di squadre d’assalto di combattenti curdi e sciiti, da indirizzare contro i leader della rivolta irachena, in un cambiamento strategico preso a prestito dalla contro-guerrigliera statunitense in America Centrale di 20 anni fa“. (El Salvador-style ‘death squads’ to be deployed by US against Iraq militants – Times Online, 10 gennaio 2005)
John Negroponte e Robert S. Ford presso l’Ambasciata degli Stati Uniti hanno lavorato a stretto contatto sul progetto del Pentagono. Due altri funzionari dell’ambasciata, e cioè Henry Ensher (Vice di Ford) e un funzionario più giovane nella sezione politica, Jeffrey Beals, svolsero un ruolo importante nella squadra che “parlava ad una serie di iracheni, compresi gli estremisti“. (Vedasi The New Yorker, 26 marzo 2007). Un altro individuo chiave nella squadra di Negroponte è stato Franklin James Jeffrey, ambasciatore statunitense in Albania (2002-2004). Jeffrey è attualmente l’ambasciatore statunitense in Iraq. Negroponte ha anche portato nel gruppo uno dei suoi collaboratori, l’ex colonnello James Steele (in pensione) del suo periodo di massimo splendore in Honduras: “Sotto l’”Opzione Salvador”, Negroponte aveva l’appoggio del suo collega dai giorni in America Centrale, durante gli anni ’80, il Col. in pensione James Steele. Steele, la cui carica a Baghdad era Consigliere per le forze di sicurezza irachene, aveva curato la selezione e l’addestramento dei membri del l’Organizzazione Badr e dell’Esercito del Mahdi, le due maggiori milizie sciite in Iraq, al fine di indirizzare la leadership e le reti di sostegno, in primo luogo contro la resistenza sunnita. Pianificati o no, questi squadroni della morte andarono subito fuori controllo e divennero la principale causa di morte in Iraq. Intenzionale o meno, decine di torturati, corpi mutilati, comparivano nelle strade di Baghdad ogni giorno, provocati dalle squadre della morte il cui impulso era stato dato da John Negroponte. Ed è stata questa violenza settaria appoggiata dagli USA, che in gran parte ha portato al disastro infernale l’Iraq di oggi”. (Dahr Jamail, Managing Escalation: Negroponte and Bush’s New Iraq Team, Antiwar.com, 7 gennaio 2007)
John Negroponte descrisse Robert Ford, mentre era presso l’ambasciata a Baghdad, come “una di quelle persone instancabili … che non pensa di indossare il giubbotto antiproiettile e l’elmetto, mentre va fuori della Zona Verde ad incontrare i contatti”. Robert S. Ford parla correntemente arabo e turco. E’ stato spedito da Negroponte ad intraprendere contatti strategici: “Una proposta del Pentagono avrebbe mandato i team delle Forze Speciali a consigliare, sostenere ed eventualmente addestrare squadre irachene, molto probabilmente formate da combattenti curdi peshmerga e da miliziani sciiti, da usare contro i ribelli sunniti e i loro simpatizzanti, anche attraverso il confine con la Siria, secondo addetti militari che sono familiari a questi discorsi. Non è chiaro, tuttavia, se questa sarebbe una politica di assassinio o di cosiddette operazioni di ‘sottrazione’, in cui gli obiettivi vengono inviati in strutture segrete, per gli interrogatori. Il pensiero corrente è che, mentre le forze speciali statunitensi avrebbero condotto le operazioni, per esempio, in Siria, le attività in Iraq sarebbero svolte dai paramilitari iracheni”. (Newsweek, 8 gennaio 2005)
Il piano aveva il sostegno del primo ministro iracheno Iyad Allawi, nominato dal governo degli Stati Uniti. “Il Pentagono non ha voluto commentare, ma un insider ha detto a Newsweek: “Quello in cui tutti sono d’accordo è che non possiamo andare avanti così. Dobbiamo trovare un modo per prendere l’offensiva contro gli insorti. In questo momento, stiamo giocando in difesa. E stiamo perdendo“. Le squadre d’assalto sarebbero controverse e probabilmente sarebbero tenute segrete. L’esperienza dei cosiddetti “squadroni della morte” in America Centrale è conosciuta da molti anche oggi, e ha contribuito a macchiare l’immagine degli Stati Uniti nella regione. … John Negroponte, l’ambasciatore statunitense a Baghdad, ha avuto un posto in prima fila quando era ambasciatore in Honduras dal 1981-85. Gli squadroni della morte erano una caratteristica brutale della politica latino-americana del tempo. In Argentina, negli anni ’70 e in Guatemala negli anni ’80, i soldati indossavano uniformi di giorno, ma usavano auto senza targa di notte per rapire e uccidere gli oppositori al regime o dei loro simpatizzanti sospetti. Nei primi anni ’80, l’amministrazione del presidente Reagan ha finanziato e contribuito ad addestrare i contras del Nicaragua basati in Honduras, con l’obiettivo di spodestare il regime sandinista del Nicaragua. I Contras erano dotati dei soldi provenienti dalle vendite illegali di armi statunitensi all’Iran, uno scandalo che potrebbe avrebbe potuto rovesciare il signor Reagan. Fu in El Salvador, che gli Stati Uniti crearono piccole unità di forze locali specificamente destinate ai ribelli. La spinta della proposta del Pentagono in Iraq, secondo Newsweek, è quello di seguire quel modello e dirigere le squadre delle forze speciali degli Stati Uniti a consigliare, sostenere e addestrare i combattenti curdi peshmerga e i miliziani sciiti contro i leader dell’insurrezione sunnita. Non è chiaro se l’obiettivo principale delle missioni sarebbe quello di assassinare i ribelli o rapirli e portarli via per gli interrogatori. Ogni missione in Siria, probabilmente, deve essere effettuata da forze speciali USA. Né è chiaro chi dovrebbe assumersi la responsabilità di un tale programma – il Pentagono o la Central Intelligence Agency. Tali operazioni segrete sono state tradizionalmente gestite dalla CIA, quale braccio occulto dell’amministrazione al potere, dando ai funzionari degli Stati Uniti la possibilità di negare la conoscenza di esso”. (Times Online, op. cit.)
Sotto la guida di Negroponte presso l’ambasciata USA a Baghdad, si scatenò un’ondata di uccisioni di civili segrete e di omicidi mirati. Ingegneri, medici, scienziati e intellettuali furono presi di mira. L’obiettivo era creare divisioni tra le fazioni sunnite, sciite, curde e cristiane, oltre a eliminare i civili che sostenevano la resistenza irachena. La comunità cristiana è stata uno degli obiettivi principali del programma di assassini. L’obiettivo del Pentagono consisteva anche nell’addestrare le forze dell’esercito, della polizia e sicurezza irachene, che avrebbe portato a un programma indigeni di “contro-insurrezione” (non ufficialmente) per conto degli Stati Uniti.
Il ruolo del generale David Petraeus
Un “Multi-National Security Transition Command in Iraq” (MNSTC) fu istituito sotto il comando del generale David Petraeus, con il mandato di addestrare e attrezzare l’esercito, la polizia e le forze di sicurezza irachene. Il generale David Petraeus (che è stato nominato da Obama a capo della CIA, nel luglio 2011), assunse il comando del MNSTC nel giugno 2004, fin dall’inizio del mandato di Negroponte come ambasciatore. Il MNSTC era parte integrante dell’”Operazione Salvador in Iraq” del Pentagono, sotto la guida dell’ambasciatore John Negroponte. Fu classificata come esercitazione di contro-insurrezione. Alla fine del periodo di Petraeus, il MNSTC aveva addestrato circa 100.000 forze di sicurezza irachene, poliziotti, ecc; che hanno costituito un corpo militare locale da utilizzare contro la resistenza irachena, come pure i suoi sostenitori civili.
Da Baghdad a Damasco: l’”Opzione Salvador” in Siria
Mentre le condizioni in Siria sono marcatamente diverse da quelle in Iraq, Robert S. Ford, col suo passato di “Numero Due” dell’ambasciata USA a Baghdad, ha un impatto diretto sulla natura delle proprie attività in Siria, compresi i suoi contatti con i gruppi di opposizione. Ai primi di luglio, l’ambasciatore statunitense Robert Ford viaggiò ad Hama ed ebbe incontri con i membri del movimento di protesta. (Low-key US diplomat transforms Syria policy – The Washington Post, 12 luglio 2011). Relazioni confermano che Robert Ford ha avuto numerosi contatti con i gruppi di opposizione, sia prima che dopo il suo viaggio di luglio ad Hama. In una recente dichiarazione (4 agosto), ha confermato che l’ambasciata continuerà a “raggiungere” i gruppi di opposizione, a dispetto delle autorità siriane.
Il generale David Petraeus: Nuovo capo della CIA del Presidente Obama
Recentemente nominato capo della CIA da Obama, David Petraeus che ha guidato il programma di “Countroinsurrezione” del MNSTC a Baghdad, nel 2004, in coordinamento con l’ambasciatore John Negroponte, dovrebbe svolgere un ruolo chiave nell’intelligence relativa alla Siria – tra cui il sostegno segreto alle forze di opposizione e ai “combattenti per la libertà“, l’infiltrazione dei servizi segreti e delle forze armate siriani, ecc. I lavori saranno eseguiti in collaborazione con l’Ambasciatore Robert S. Ford. Entrambi hanno lavorato insieme in Iraq, dov’erano parte del grande team di Negroponte a Baghdad, nel 2004-2005.
11 Sunday Sep 2011
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in“Andando indietro, al Pentagono del novembre 2001, uno degli alti ufficiali ebbe il tempo per una chiacchierata. Sì, stavamo per attaccare l’Iraq, disse. Ma c’era di più. Questo fu oggetto di discussione nell’ambito di una campagna quinquennale, disse, e vi erano in totale sette paesi, a partire dall’Iraq, poi Siria, Libano, Libia, Iran, Somalia e Sudan.” Generale Wesley Clark.
Una grande guerra in Medio Oriente e Asia centrale è nei piani del Pentagono dalla metà degli anni ’90. Nell’ambito di questa grande guerra, l’alleanza US-NATO prevede di condurre una campagna militare contro la Siria, sotto il patrocinio del “mandato umanitario” delle Nazioni Unite. L’escalation è parte integrante del programma militare. La destabilizzazione di Stati sovrani attraverso il “cambio di regime” è strettamente coordinata con la pianificazione militare. C’è una roadmap militare caratterizzata da una sequenza di teatri di guerra USA-NATO.
I preparativi di guerra per attaccare la Siria e l’Iran sono in “uno stadio avanzato di preparazione” da diversi anni. Il Syria Accountability and Lebanese Sovereignty Restoration Act del 2003 definisce la Siria uno “stato canaglia”, un paese che sostiene il terrorismo. Una guerra alla Siria è vista dal Pentagono come parte della grande guerra contro l’Iran. Il presidente George W. Bush ha confermato nelle sue ‘Memorie’ che aveva “ordinato al Pentagono di pianificare un attacco contro gli impianti nucleari iraniani e [aveva] considerato un attacco segreto alla Siria.” (George Bush’s memoirs reveal how he considered attacks on Iran and Syria, The Guardian, 8 novembre 2010). La più vasta agenda militare è intimamente legata alle riserve strategiche di petrolio e agli oleodotti. È sostenuto dai giganti petroliferi anglo-statnitensi.
I bombardamenti del Libano del luglio 2006, erano parte di una “road map militare” attentamente pianificata. L’estensione della “Guerra di Luglio” contro il Libano alla Siria, era prevista dai pianificatori militari degli Stati Uniti e d’Israele. E’ stata abbandonata per la sconfitta delle forze di terra israeliane da parte di Hezbollah. La guerra del luglio 2006 d’Israele contro il Libano, ha anche cercato di imporre il controllo israeliano sulla costa nord-orientale del Mediterraneo, comprese le riserve offshore di petrolio e di gas nelle acque territoriali libanesi e palestinesi.
I piani per invadere sia il Libano che la Siria sono rimasti nei del Pentagono, nonostante la sconfitta di Israele nella guerra del luglio 2006: “Nel novembre del 2008, appena un mese prima che Tel Aviv iniziasse la strage nella Striscia di Gaza, le esercitazioni militari israeliane tenutesi per un guerra su due fronti contro il Libano e la Siria, chiamate Shiluv Zro’ot III (Incrociare le armi III). L’esercitazione militare comprendeva la simulazione di un’invasione della Siria e del Libano.” (vedasi Mahdi Darius Nazemoraya, Israel’s Next War: Today the Gaza Strip, Tomorrow Lebanon?, Global Research, 17 gennaio 2009)
La strada per Teheran passa per Damasco. Una guerra promossa da USA-NATO contro l’Iran comporterebbe, come primo passo, una campagna di destabilizzazione (“cambio di regime“), tra cui operazioni segrete d’intelligence a sostegno delle forze ribelli contro il governo siriano. Una “guerra umanitaria” sotto il logo della “responsabilità di proteggere” (R2P) diretto contra la Siria, contribuirebbe anche alla destabilizzazione del Libano. Si tratta di una campagna militare condotta contro la Siria, e Israele sarebbe direttamente o indirettamente coinvolto nelle operazioni militari e d’intelligence. Una guerra alla Siria porterebbe all’escalation militare.
Ci sono attualmente quattro distinti teatri di guerra: Afghanistan-Pakistan, Iraq, Palestina e Libia. Un attacco alla Siria porterebbe all’integrazione di questi teatri di guerra, portando infine a una grande guerra in Medio Oriente-Asia Centrale, inghiottendo l’intera regione dal Nord Africa e del Mediterraneo all’Afghanistan e Pakistan.
L’attuale movimento di protesta è destinato a servire da pretesto e giustificazione per intervenire militarmente contro la Siria. L’esistenza di una insurrezione armata viene negata. I media occidentali hanno descritto, in coro, i recenti avvenimenti in Siria come un “movimento di protesta pacifica”, in rivolta contro il governo di Bashar al-Assad, quando l’evidenza conferma l’esistenza di un’insurrezione armata islamica integrata da gruppi paramilitari. Fin dall’inizio del movimento di protesta a Daraa, a metà marzo, ci sono stati scontri a fuoco tra la polizia e le forze armate da una parte, e uomini armati dall’altra. Incendi dolosi contro edifici governativi sono stati appiccati. A fine luglio ad Hama, edifici pubblici tra cui il Palazzo di Giustizia e la Banca Agricola, sono stati dati alle fiamme. Fonti giornalistiche israeliane, pur rifiutando l’esistenza di un conflitto armato, tuttavia, riconoscono che “i manifestanti [erano] armati con mitragliatrici pesanti.” (DEBKAfile, 1° agosto 2001. Report on Hama)
“Tutte le opzioni sono sul tavolo”
A giugno, il senatore statunitense Lindsey Graham, Presidente del Comitato sulle forze armate del Senato, ha accennato alla possibilità di un intervento “umanitario” militare diretto contro la Siria, al fine di “salvare la vita dei civili”. Graham ha suggerito che “l’opzione” applicata alla Libia, sotto la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite 1973, dovrebbe essere previsto nel caso della Siria:
“Se aveva senso proteggere il popolo libico contro Gheddafi, e lo si è fatto perché stavano per macellarlo, se non avessimo mandato la NATO, quando erano alla periferia di Bengasi, la domanda al mondo [è], se siamo arrivati a questo punto in Siria, … Potremmo non esserci ancora arrivati, ma vi siamo comunque molto vicini, quindi se si ha realmente a cuore la protezione del popolo siriano dal massacro, ora è il momento di far sapere ad Assad che tutte le opzioni sono sul tavolo.” (CBS “Face the Nation“, 12 giugno 2011)
Dopo l’adozione della dichiarazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite relativa alla Siria (3 agosto 2011), la Casa Bianca ha chiesto, senza mezzi termini, il “cambio di regime” in Siria e la cacciata del presidente Bashar al-Assad: “Non vogliamo vederlo rimanere in Siria per amore della stabilità, e anzi, lo vediamo come causa dell’instabilità in Siria“, ha ha detto ai giornalisti il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney. “E pensiamo, francamente, che sia sicuro dire che la Siria sarebbe un posto migliore senza il presidente Assad“. (citato in Syria: US Call Closer to Calling for Regime Change, IPS, 4 agosto 2011).
Estese sanzioni economiche, spesso costituiscono una vero e proprio trampolino per un intervento militare. Un disegno di legge promosso dal senatore Lieberman è stato introdotto nel Senato degli Stati Uniti, al fine di autorizzare pesanti sanzioni economiche contro la Siria. Inoltre, in una lettera al presidente Obama, ai primi di agosto, un gruppo di più di sessanta senatori degli Stati Uniti ha chiesto “l’attuazione di ulteriori sanzioni … pur mettendo in chiaro per il regime siriano pagherà un costo crescente per la sua scandalosa repressione.” Queste sanzioni richiederebbero il blocco delle transazioni bancarie e finanziarie, così come la “fine dell’acquisto di petrolio siriano, il taglio degli investimenti nel petrolio e nel gas della Siria“. (Vedasi Pressure on Obama to get tougher on Syria coming from all sides – Foreign Policy, 3 Agosto 2011).
Nel frattempo, il Dipartimento di Stato USA ha incontrato anche i membri dell’opposizione siriana in esilio. Un sostegno segreto è stato inviato anche ai gruppi di ribelli armati.
Bivio pericoloso: La guerra alla Siria. Una testa di ponte per l’attacco all’Iran
Dopo la dichiarazione del 3 agosto del Presidente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU contro la Siria, l’inviato di Mosca presso la NATO, Dmitrij Rogozin, ha avvertito dei pericoli di una escalation militare:
“La NATO sta pianificando una campagna militare contro la Siria per rovesciare il regime del presidente Bashar al-Assad, con l’obiettivo di una lunga portata di preparare una testa di ponte per un attacco contro l’Iran, … “[Questa affermazione] significa che la pianificazione [della campagna militare] è ben avviata. Potrebbe essere la conclusione logica di quelle operazioni militari e di propaganda, che sono state effettuate da alcuni paesi occidentali contro il Nord Africa”, ha detto Rogozin in una un’intervista al quotidiano Izvestia … Il diplomatico russo ha sottolineato il fatto che l’alleanza ha lo scopo di interferire solo con i regimi “le cui opinioni non coincidono con quelle dell’Occidente.”
Rogozin è d’accordo con l’opinione espressa da alcuni esperti, secondo cui la Siria e lo Yemen in seguito, potrebbero essere gli ultimi passi della NATO per lanciare un attacco all’Iran. “Il cappio intorno all’Iran si stringe. La pianificazione militare contro l’Iran è in corso. E noi siamo certamente preoccupati per l’escalation per una grande guerra in questa enorme regione“, ha detto Rogozin.
Dopo aver imparato la lezione libica, la Russia “continuerà ad opporsi a una risoluzione violenta della situazione in Siria“, ha detto, aggiungendo che le conseguenze di un conflitto su larga scala in Nord Africa, sarebbero devastanti per il mondo intero. (“Beachhead for an Attack on Iran”: NATO is planning a Military Campaign against Syria”, Novosti, 5 agosto 2011)
Mentre la Libia, Siria e Iran fanno parte della tabella di marcia militare, questo dispiegamento strategico, se venisse attuata minaccerebbe anche la Cina e la Russia. Entrambi i paesi hanno investimenti, commerci e accordi di cooperazione militare con la Siria e l’Iran. L’Iran ha lo status di osservatore nella Shanghai Cooperation Organization (SCO). L’escalation fa parte del programma militare. Dal 2005, gli Stati Uniti e i loro alleati, compresi i partner della NATO e Israele, sono coinvolti nella grande dispiegamento e stoccaggio di avanzati sistemi d’arma. I sistemi di difesa aerea degli Stati Uniti, dei paesi membri della NATO e d’Israele sono completamente integrati.
Il ruolo di Israele e Turchia
Sia Ankara che Tel Aviv sono coinvolti nel sostegno all’insurrezione armata. Questi sforzi sono coordinati tra i due governi e le loro agenzie di intelligence. Il Mossad israeliano, secondo quanto riferito, ha fornito sostegno segreto ai gruppi radicali terroristici salafiti, che sono diventati attivi nel sud della Siria, all’inizio del movimento di protesta di Daraa, a metà marzo. Rapporti suggeriscono che il finanziamento dell’insurrezione dei salafiti, provengono dall’Arabia Saudita. (Vedasi Syrian army closes in on Damascus suburbs, The Irish Times, 10 maggio 2011)
Il governo del primo ministro turco Recep Tayyib Erdogan sta sostenendo i gruppi di opposizione siriana in esilio, mentre sostiene anche i ribelli armati dei Fratelli Musulmani, nel nord della Siria. Sia la Fratellanza musulmana siriana (MB) (la cui leadership è in esilio in Gran Bretagna) che il clandestino Hizb ut-Tahrir (Partito della Liberazione) sono dietro l’insurrezione. Entrambe le organizzazioni sono supportate dall’MI6 britannico. L’obiettivo dichiarato di MB e Hizb ut-Tahir è, in ultima analisi, destabilizzare lo Stato laico della Siria. (Vedasi Michel Chossudovsky, SYRIA: Who is Behind The Protest Movement? Fabricating a Pretext for a US-NATO “Humanitarian Intervention”, Global Research, 3 maggio 2011).
A giugno, le truppe turche hanno attraversato il confine con la Siria settentrionale, ufficialmente per venire in soccorso dei profughi siriani. Il governo di Bashar al-Assad ha accusato la Turchia di sostenere direttamente l’incursione delle forze ribelli nella Siria settentrionale: “Una forza ribelle di oltre 500 combattenti, ha attaccato una postazione dell’esercito siriano il 4 giugno, nel nord della Siria. Hanno detto che il bersaglio, un presidio dei servizi segreti militari, è stato catturato in un assalto di 36 ore, in cui sono stati uccisi 72 soldati a Jisr Al Shoughour, vicino al confine con la Turchia. “Abbiamo scoperto che i criminali [ribelli] usano armi provenienti dalla Turchia, e questo è molto preoccupante”, ha detto un funzionario. Questa è stata la prima volta che il regime di Assad ha accusato la Turchia di aiutare la rivolta. … i funzionari hanno detto che i ribelli hanno scacciato l’esercito siriano da Jisr al-Shoughour e poi hanno preso la città. Hanno detto che edifici governativi sono stati saccheggiati e incendiati, prima che un’altra forza di Assad arrivasse. … Un ufficiale siriano che ha guidato la visita, ha detto che i ribelli di Jisr al-Shoughour, sono combattenti allineati ad al-Qaida. Ha detto che i ribelli hanno impiegato una serie di armi e munizioni turche, ma non accusano il governo di Ankara di aver fornito gli equipaggiamenti.” (Syria’s Assad accuses Turkey of arming rebels, TR Defence , 25 giugno 2011)
L’accordo di cooperazione militare Israele-Turchia
Israele e Turchia hanno un accordo di cooperazione militare che riguarda in modo assai diretto la Siria e la strategica costa Libano-Siriana nel Mediterraneo orientale, (tra cui giacimenti di gas al largo della costa del Libano e le pipeline). Già durante l’amministrazione Clinton, si era affermata un’intesa triangolare militare tra Stati Uniti, Israele e Turchia. Questa “triplice alleanza“, che è dominata dal US Joint Chiefs of Staff, integra e coordina le decisioni dei comando militari tra i tre paesi, pertinenti al Grande Medio Oriente. Si basa su gli stretti legami militari, rispettivamente di Israele e la Turchia con gli Stati Uniti, accoppiati al forte rapporto bilaterale militare tra Tel Aviv e Ankara. …. La triplice alleanza è anche accoppiata all’accordo di cooperazione militare NATO-Israele del 2005, che comprende “molte aree di interesse comune, come la lotta contro il terrorismo e le esercitazioni militari congiunte”. Questi legami di cooperazione militare con la NATO, sono visti dai militari israeliani come un mezzo per “rafforzare la capacità di deterrenza di Israele riguardo potenziali nemici che lo minacciano, soprattutto l’Iran e la Siria.” (Vedi Michel Chossudovsky, “Triple Alliance”: The US, Turkey, Israel and the War on Lebanon, 6 agosto 2006)
Nel frattempo, il recente rimpasto ai vertici della Turchia, ha rafforzato la fazione filo-islamista nelle forze armate. Alla fine di luglio, il comandante in capo dell’esercito e capo dello stato maggiore congiunto della Turchia, generale Isik Kosaner, si è dimesso insieme ai comandanti della Marina e dell’Aeronautica. Il Generale Kosaner rappresenta una posizione ampiamente laica all’interno delle Forze Armate. Il Generale Necdet Ozel è stato nominato suo sostituto, a nuovo comandante dell’esercito. Questi sviluppi sono di importanza cruciale. Tendono a sostenere gli interessi degli Stati Uniti. Sottolineano anche un cambiamento potenziale nell’esercito a favore dei Fratelli Musulmani, compresa l’insurrezione armata nel nord della Siria.
“Le nuove nomine hanno rafforzato Erdogan e il partito al governo in Turchia … [La]potenza militare è in grado di realizzare i progetti più ambiziosi nella regione. Si prevede che in caso di utilizzo dello scenario libico in Siria, è possibile che la Turchia avvierà l’intervento militare“. (New appointments have strengthened Erdogan and the ruling party in Turkey, Radio Pubblica dell’Armenia, 6 agosto, 2011)
L’ampia alleanza militare della NATO
Egitto, Stati del Golfo e Arabia Saudita (all’interno della garnde alleanza militare) sono partner della NATO, le cui forze potrebbero essere usate in una campagna contro la Siria. Israele è un membro de facto della NATO, a seguito di un accordo firmato nel 2005. Il processo di pianificazione militare, all’interno dell’alleanza estesa della NATO, prevede il coordinamento tra Pentagono, NATO, Israeli Defense Force (IDF), così come il coinvolgimento militare attivo in prima linea di paesi arabi, tra cui Arabia Saudita, Stati del Golfo, Egitto: in tutto dieci paesi arabi più Israele, sono membri del Dialogo Mediterraneo e dell’Iniziativa di Cooperazione di Istanbul.
Siamo a un bivio pericoloso. Le implicazioni geopolitiche sono di vasta portata. La Siria ha confini con Giordania, Israele, Libano, Turchia e Iraq. Si estende in tutta la valle dell’Eufrate, che si trova all’incrocio dei corsi d’acqua principali e degli oleodotti. La Siria è un alleato dell’Iran. La Russia ha una base navale nella Siria nord-occidentale. La creazione di una base a Tartus e il rapido avanzamento della cooperazione tecnologica militare con Damasco, rende la Siria una testa di ponte necessaria e un baluardo in Medio Oriente della Russia. Damasco è un importante alleato dell’Iran e un inconciliabile nemico di Israele. Va da sé che l’aspetto della base militare russa nella regione, certamente introduce delle correzioni nella correlazione di forze esistente.
La Russia sta prendendo il regime siriano sotto la sua protezione. Sarà quasi certamente si inaspriranno le relazioni di Mosca con Israele. Può anche incoraggiare il vicino regime iraniano e renderlo ancora meno assoggettabile ai colloqui sul programma nucleare (Ivan Safronov, Russia to defend its principal Middle East ally: Moscow takes Syria under its protection, Global Research, 28 Luglio 2006)
Scenario da Terza Guerra Mondiale
Negli ultimi cinque anni, il Medio Oriente e l’Asia Centrale sono stati attivi campi di battaglia. La Siria ha notevoli capacità di difesa aerea e forze di terra. La Siria ha rafforzato il suo sistema di difesa aerea con la consegna dei missili di difesa aerea russi Pantsir S1. Nel 2010, la Russia consegnato il sistema missilistico Yakhont alla Siria. Lo Yakhont, che opera dalla base navale russa di Tartus, “è progettato per l’impegno contro navi nemiche in un raggio di 300 km“. (Bastion missile systems to protect Russian naval base in Syria, Ria Novosti, 21 settembre 2010).
La struttura delle alleanze militari, rispettivamente USA-NATO e Siria-Iran-SCO, per non parlare del coinvolgimento militare di Israele, il complesso rapporto tra Siria e Libano, le pressioni esercitate dalla Turchia al confine nord della Siria, puntano inequivocabilmente ad un pericoloso processo di escalation. Qualsiasi forma d’intervento militare sponsorizzato da USA-NATO, diretto contro la Siria, destabilizzerebbe l’intera regione, e potrebbe condurre all’escalation sulla vasta area geografica che si estende dal Mediterraneo orientale al confine Afghanistan-Pakistan con Tagikistan e Cina.
Nel breve periodo, con la guerra in Libia, l’alleanza militare US-NATO è sovraesposta in fatto di capacità. Se non possiamo prevedere l’attuazione di un’operazione militare USA-NATO nel breve termine, il processo di destabilizzazione politica attraverso il sostegno segreto all’insurrezione, con ogni probabilità continuerà.
08 Thursday Sep 2011
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The plan to destabilize Syria. A report written by Thierry Meyssan about the plans set to destabilize Syrian and being about the overthrowing of the current regime!
Il piano per destabilizzare la Siria. Un rapporto, scritto da Thierry Meyssan, ci illustra il progetto per destabilizzare la vita sociale in Siria e per rovesciare l’attuale governo di Bashar al-Assad
08 Thursday Sep 2011
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Despite backing the united statement on Syria, the U.S. is now calling for new, tougher sanctions against Damascus. Assad’s regime is already under a set of American and EU penalties. Investigative journalist Webster Tarpley told RT, the West wants a Syrian regime change to cement its influence in the Arab world…
Stati Uniti chiedono nuove più severe sanzioni contro Damasco. Il governo di Assad è già sottomesso a una serie di sanzioni americane ed europee. Il giornalista investigativo Webster Tarpley ha detto a RT (Russia Today news) che l’Occidente vuole il cambiamento del regime siriano per rafforzare la sua influenza nel mondo arabo …
07 Wednesday Sep 2011
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inAs the world focuses its attention on Libya, those very same western powers who are responsible for the war crimes against the citizens of Libya are working behind the scenes to set the stage for yet another potential military intervention, this time with embattled Syrian President Bashar al-Assad.
Mentre il mondo focalizza la sua attenzione sulla Libia, le stesse potenze occidentali che sono responsabili dei crimini di guerra ai danni della popolazione lobica lavorano dietro le quinte per mettere in scena un altro potenziale intervento militare, questa volta con l’intenzione di rovesciare il presidente siriano Bashar al-Assad.
05 Monday Sep 2011
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The Al Qaeda Insurgency in Syria: Recruiting Jihadists to Wage NATO’s “Humanitarian Wars” PART III by Prof. Michel Chossudovsky – …
05 Monday Sep 2011
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in05 Monday Sep 2011
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The “Liberation” of Libya: NATO Special Forces and Al Qaeda Join Hands “Former Terrorists” Join the “Pro-democracy” Bandwagon by Prof. …
05 Monday Sep 2011
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L’origine della sovversione in Siria Il 14 Aprile 2011, la televisione di Stato siriana ha trasmesso filmati di tre giovani …
05 Monday Sep 2011
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Biggest Syrian Flag Raised in Mass Rally in Damascus Stressing National Unity, Rejection of Foreign Interference Jun 15, 2011 – …
05 Monday Sep 2011
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