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Quando l’altro giorno abbiamo dato la notizia che a Damasco un gruppo terroristico aveva assassinato il giornalista “Nagi Asa’ad”, del quotidiano Tishreen, davanti alla sua abitazione sita nel quartiere Tadamon a Damasco, davamo semplicemente la notizia di un giornalista, che faceva il suo onesto lavoro, era stato ucciso in modo criminale, indipendentemente dal fatto che fosse pro o contro questo o quello: era un giornalista, ed evidentemente aveva scritto articoli in cui  descriveva la situazione in Siria, dove non passa giorno senza che vengano commessi degli attacchi terroristici contro civili ed istituzioni, provocando una marea di vittime di ogni età, ceto e sesso.

Siamo freelancers, non ci paga nessuno e ci possiamo permettere di dire quello che succede e che pensiamo, senza censure, sinchè non ci chiuderanno gli accounts ed i servers…

Invece, il giornalismo accreditato, cui appartengono giornalisti di “redazioni alle quali devono rendere conto” e dalle quali ricevono il nullaosta per le pubblicazioni, pare abbia delle regole precise su come presentare le notizie per mettere in cattiva luce alcuni, come questo giornalista assassinato, definito dall’ASCA asetticamente e sbrigativamente quale “giornalista pro-regime” (neppure definito semplicemente “pro-governativo, ma pro-regime, in modo ancor più dispregiativo: ed è pure un collega…), e minimizzare gli aspetti negativi di altre, come i terroristi che hanno ucciso questo giornalista, definiti invece più semplicemente cecchini, non criminali o terroristi o sicari, ma più professionalmente “cecchini”.

Ora noi ci chiediamo: a fronte di un tale vergognoso modo di esprimersi nei confronti di una persona, disarmata, un civile ucciso a sangue freddo mentre si recava a lavorare (lui sì), di un collega per giunta, cui dovrebbe andare la solidarietà di tutta la categoria per il solo fatto che è stato assassinato proprio perchè svolgeva eroicamente il proprio lavoro di informazione giornalistica in un momento di massima pressione e terrore esercitato nei confronti del giornalismo (dobbiamo fare l’elenco di tutti i giornalisti assassinati in Siria e di tutte le sedi di media attaccate a suo di bombe e con decine di morti tra il personale civile?), è deontologicamente corretto esprimersi come fanno la stragrande maggioranza dei media e dei giornalisti quando avvengono fatti di sangue in Siria? (ammesso che ne parlino…).

QUANDO I MEMBRI DEL GRUPPO TERRORISTICO ITALIANO “BRIGATE ROSSE” NEGLI ANNI ’80 AMMAZZARONO UN GIORNALISTA DEL “CORRIERE DELLA SERA” PERCHÈ AVEVA SCRITTO ARTICOLI CONTRO IL TERRORISMO ARMATO, QUALCHE REDAZIONE ITALIANA SI SAREBBE SOGNATA DI GIUSTIFICARE TALE AZIONE SCRIVENDO SUI QUOTIDIANI CHE QUELLO ERA UN “GIORNALISTA PRO-GOVERNATIVO” E GLI ASSASSINI SEMPLICI “CECCHINI” E NON TERRORISTI?!?

Non basta avere un tesserino in tasca per potersi definire “giornalisti”, se poi si infrangono e calpestano le più elementari regole deontologiche, ed  il giornalismo italiano non è mai caduto così in basso, che definirlo “giornalismo” è una bestemmia pura.

FFP – SFPN

https://syrianfreepress.wordpress.com/2012/12/06/11773/

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